Back to top

pranayama

La Shakty indica nella religione induista l’energia vitale e il Pràna è una piccola parte di questa energia. L’energia del Pràna è sottile e intelligente, simile ad una onda elettrica.

Il Pràna è vitalità pura e proprio dalla quantità di questo tipo di energia un corpo può, appunto, essere più o meno vitale. Per vitalità si intende non solo quella del corpo ma anche quella della mente che se libera ed equilibrata può senza dubbio essere più indipendente.
L’uomo ha la possibilità di aumentare il suo deposito pranico attraverso la respirazione e l’assorbimento di pràna attraverso la mente. Le due cose vanno di pari passo poiché il ritmo della mente e quello della respirazione avvengono contemporaneamente.

Pràna proprio per la sua definizione di energia vitale ha anche il significato di respiro attraverso il quale il nostro corpo assume naturalmente la sua vitalità; Ayama significa invece lunghezza, estensione.
Secondo Patanjali (autore degli Yoga sutra, sulla sua persona si conosce poco e sulla sua data di nascita si discute tutt’oggi, ma il periodo più accreditato è tra il IV e il II secolo a.C.), il Pranayama consiste nell’interruzione del processo di inspirazione e espirazione; infatti lo scopo di questa disciplina non è solo quello di aumentare la quantità di Pràna all’interno del corpo, ma anche e soprattutto concentrarlo nel Susumna, una delle tre Nadi (significato letterale: flusso) più importanti.
Susumna è il nadi centrale che percorre interamante la colonna vertebrale ed è proprio con il controllo della respirazione, attuato tramite tecniche particolari abbinate ad esercizi specifici che siamo in grado di concetrarvi il Pràna.